di Fabrizio Lorusso
C’è un Messico in lotta contro le cosiddette “riforme strutturali” che scende in piazza (e ci resta). Il conflitto degli insegnanti con il governo e i parlamentari federali per la riforma educativa dura da alcuni mesi, ma nelle ultime due settimane ha raggiunto l’apice. Un presidio di insegnanti nel centro della capitale era presente già dall’8 maggio, ma pochi se n’erano accorti. Invece da agosto la CNTE, Coordinamento (Coordinadora in spagnolo) Nazionale dei Lavoratori dell’Educazione, è in sciopero indefinito e l’anno scolastico 2013-2014 non è ancora cominciato in migliaia di scuole. La combattiva Sección 22 di Oaxaca, forte di 74mila affiliati e già protagonista del conflitto del 2006, soffocato nel sangue dall’allora governatore dello stato di Oaxaca, Ulises Ruiz, rappresenta il gruppo più nutrito di professori in resistenza, ma i rinforzi questa volta sono arrivati da tutto il paese.
Il plantón
Dal 19 agosto il presidio dei maestri è diventato una tendopoli quindi l’attenzione mediatica s’è rivolta verso gli oltre 40mila occupanti, insegnanti di asili, scuole primarie e secondarie, che ormai vivono nella piazza principale del Messico. Ogni giorno realizzano atti di resistenza, bloccano le strade e l’aeroporto internazionale, chiudono le entrate dei palazzi del potere, fanno assemblee, sistemano le tende scardinate dai violenti acquazzoni di questa stagione piovosa e inclemente, e infine portano avanti le negoziazioni estenuanti con funzionari e parlamentari inviati dai partiti per fare melina. Le minacce avanzate da alcuni deputati della destra (PAN, Partido Accion nacional) di incarcerazione dei leader, che in realtà sono i “portavoce” del movimento, e di repressione violenta della protesta non hanno fatto desistere i docenti.
Ho provato a descrivere con una galleria fotografica (link qui), non solo con le parole, l’enorme tendopoli allestita dalla CNTE nella piazza centrale (lo zocalo) di Città del Messico. Nel plantón, il presidio-tendopoli, ore e ore di pioggia non spazzano via la speranza, anche se funzionano per scacciare i curiosi, i venditori ambulanti, in maggior parte commercianti della capitale, e le cattive notizie che arrivano dal Palazzo: nella notte dell’1S (primo settembre), con una sortita dei legislatori, è stata approvata dalla Camera dei deputati la Legge del Servizio Professionale Docente, oggetto delle negoziazioni tra i rappresentanti della CNTE, il governo e alcuni parlamentari. Uno sberleffo in piena regola.
Scene di vita e resistenza civile compongono un quadro di lotta metropolitana nella povertà e nella solidarietà, prestata da tanti abitanti della capitale e dalle famiglie dei maestri che da Oaxaca, dal Chiapas, dal Guerrero, dal Michoacan, dal Durango o dalla Bassa California, insomma da molto lontano, mandano viveri, sacchi a pelo, tende e vestiti, incoraggiamenti e affetto. Per i servizi igienici gli insorti si devono rivolgere ad alcuni abitanti della zona che prestano docce e bagni, a volte in cambio di piccole somme.
Nel pomeriggio del 31 agosto, quando sono stato per qualche ora in alcune tende del plantón, solo un gruppo ridotto di docenti, circa 10mila, si trovava a presidiare la zona visto che la maggior parte degli insorti era nelle rispettive comunità d’origine per il fine settimana. Mille insegnanti del Chiapas si sono integrati alla tendopoli in serata. Durante la settimana, anzi già da domenica primo settembre in poi, sono state realizzate decine di manifestazioni.
C’è chi la vede come un vecchio rimasuglio di un mondo che fu, anacronistico e d’ostacolo per lo sviluppo e la “modernità” del paese, ma c’è chi la difende come ultimo baluardo contro il neoliberismo selvaggio, come un’organizzazione plurale e democratica a difesa dei veri interessi delle classi lavoratrici. Sicuro è che non va confusa con il SNTE, Sindacato Nazionale Lavoratori dell’Educazione, che è il sindacato ufficiale, allineato al governo.
Dall’aprile scorso la sua leader storica, Elba Esther Gordillo, è sotto processo per “uso di risorse dalla provenienza illecita” e attende la sentenza in prigione. E’ stata quindi sostituita da Juan Diaz, uomo fedele al presidente. La CNTE è un coordinamento, fondato nel 1979, che raccoglie gli insegnanti che hanno un pensiero critico nei riguardi del sindacato ufficiale. Questo è quasi un apparato paragovernativo del PRI (l’ex partito di regime tornato al potere nel 2012), mentre la CNTE si struttura come corrente democratica all’interno del SNTE e non è un sindacato a parte.
Fabrizio Mejía sulla rivista messicana Proceso del primo settembre spiega che “la CNTE è ciò che resta dei cosiddetti ‘coordinamenti di massa’, un tentativo di democratizzare i sindacati a partire dalle basi, in cui ogni sezione arriva ad accordi assembleari solo quando esiste un punto generale su cui si possono programmare azioni. Gli insegnanti, i lavoratori a cottimo ‘jornaleros’ e alcuni gruppi operai fecero parte, due decenni or sono, di questa dissidenza sindacale, ma oggi di tutto questo resta solo la CNTE”.
Attualmente la CNTE mantiene viva l’opposizione alla riforma educativa, che più che “educativa” pare una riforma (regressiva) del lavoro e dell’amministrazione, inviata al parlamento dal presidente Peña Nieto. Il Sindacato (SNTE) dorme. Anzi, fa spot a favore dell’iniziativa di Peña. La stragrande maggioranza dei mass media, TeleVisa e TV Azteca in testa, spara a zero sui maestri dissidenti, tacciandoli di “pigri e sovversivi” e mandando in onda programmi ridicoli atti a provocare ostilità da parte della popolazione della capitale, soprattutto della classe media imbambolata: interviste a conducenti incazzati per il traffico, bambini e genitori in lacrime perché la scuola non comincia, storie edificanti di maestri moderati e coraggiosi che sì “amano lavorare” e così via.
La riforma costituzionale
Dopo aver promosso la riforma degli articoli costituzionali riguardanti l’istruzione (il 3 e il 73) che è stata approvata dai tre partiti più grandi (PRD, PRI, PAN) nel febbraio scorso, il presidente ha spinto e ha ottenuto un’approvazione fast track delle leggi secondarie in parlamento. La riforma costituzionale di febbraio ha stabilito le basi per i cambiamenti nella carriera dei professori, nell’accesso a posti dirigenziali nella scuola e nel disegno e implementazione della politica educativa a livello primario e medio.
Per esempio, è nato l’Istituto Nazionale per la Valutazione dell’Educazione e s’è stabilito che l’entrata nel “servizio docente” e la promozione a posti direttivi avverrà tramite valutazioni che garantiscano “l’idoneità delle conoscenze e delle capacità che corrispondono a ciascuna funzione”, e così gli stimoli e la permanenza in servizio dipenderanno dalla valutazione obbligatoria. Viene anche previsto, ed è un punto positivo, l’allargamento del tempo pieno, anche se buona parte delle strutture scolastiche attualmente non sono attrezzate a tal proposito. Molto polemica è stata l’approvazione di una specie di corresponsabilità gestionale ed economica per cui alunni, docenti e genitori, con il coordinamento della direzione, possono essere coinvolti (cioè dovrebbero in parte pagare di tasca propria) nel miglioramento delle infrastrutture, nell’acquisto dei materiali educativi e nella risoluzione di problemi operativi. Quindi le “quote volontarie” che versano per la scuola potrebbero diventare “obbligatorie”. Questi processi sono regolati dalle leggi secondarie che in questi giorni muovono la protesta nazionale.
Le leggi secondarie
A fine agosto quella sull’Istituto Nazionale per la Valutazione (INEE) e la Legge Generale sull’Educazione sono state approvate senza che l’opinione delle parti sociali e, soprattutto, degli insegnanti direttamente coinvolti nella riforma venisse presa in considerazione. In settembre è passata la terza legge, quella che tocca più da vicino la vita delle persone, dei maestri, e i diritti del lavoro acquisiti: la Legge sul Servizio Nazionale Docente.
In primavera mesi di dibattiti e convegni sul tema, in cui i docenti sono stati invitati a partecipare e hanno presentato le loro proposte dettagliatamente, non sono serviti a modificare la posizione dei parlamentari e del governo, per cui la CNTE ha provato a intavolare una discussione costruttiva, ma è stata scavalcata e beffata da false volontà di dialogo e prevaricazioni autoritarie. Dunque le ragioni delle manifestazioni sono molte e comprendono le richieste di migliori condizioni per le aule e i salari, oltre al nucleo costituito dalle tre leggi di riforma approvate frettolosamente.
Settembre di piogge e manifestazioni: 1S e stato d’eccezione
Di nuovo come risposta all’indifferenza ufficiale, a Città del Messico il primo settembre c’è stata un’importante manifestazione di studenti, facoltà universitarie, organizzazioni sociali, parti del MoReNa (Mov. Rigenerazione Nazionale), semplici cittadini e alcuni gruppi anarchici contro la Riforma energetica e in sostegno degli insegnanti. Le iniziative in tutta la città e nel paese sono state tantissime. La manifestazione, nel primo pomeriggio, s’è unita a quella degli insegnanti della CNTE che si sono diretti a San Lazaro, sede della camera dei deputati messicana. Ci sono stati numerosi episodi di tensione, avvenuti durante la manifestazione e anche al termine della stessa, quando gli insegnanti, che formavano un cordone indipendente, stavano per ripiegare.
“L’imbottigliamento coatto” da parte della polizia puntava al controllo totale. L’effetto “collaterale” era quello di asfissiare e snervare, in particolare nei momenti in cui la doppia fila di granaderos in testa al corteo spezzava il ritmo della marcia e chiudeva i manifestanti, cosa che s’è ripetuta praticamente ad ogni curva. Nel contempo, gli scudi dei corpi antisommossa chiudevano la coda e i lati del corteo. E’ una modalità già sperimentata dal governo del presidente Peña Nieto e dai corpi di polizia della capitale a partire dalla giornata dell’1D, il primo dicembre 2012, in cui i poliziotti della capitale hanno serrato le file, chiuso ogni passaggio nel centro storico e infine hanno effettuato decine di arresti e pestaggi arbitrari. L’accerchiamento dell’intera massa popolare da parte della polizia (6mila elementi in tenuta antisommossa) e l’enorme, sproporzionato, dispiegamento di forze rappresenta una strategia di contenimento che sfocia nella provocazione e nello stato d’eccezione.
La reazione della polizia dopo gli scontri s’è concentrata su “obiettivi casuali”, cioè persone individuate perché indossavano vestiti neri, o proprio senza criterio, che andavano fermate. Alla fine della giornata di protesta dell’1S ci sono stati sedici arresti di alcuni attivisti e giornalisti indipendenti. Nonostante la strategia intimidatoria, le manifestazioni vanno avanti e, va detto, per ora (per fortuna) non sono accaduti “incidenti” gravi né situazioni paragonabili a quelle vissute nel 2006 (terribili repressioni di Atenco e Oaxaca in particolare), ma non si può ancora prevedere come evolveranno la protesta e le forze in campo.
In questo video (LINK): l’arresto arbitrario di un giornalista dell’agenzia messicana indipendente Subversiones che ha filmato la propria cattura (leggi l’appello qui: lo stato sta imponendo cauzioni enormi per il suo rilascio!). Si chiama Gustavo Ruiz e stava filmando una squadra di poliziotti che trascinavano su una camionetta alcuni giovani e, come si fa in questi casi per evitare abusi o addirittura sparizioni e sequestri ai danni dei detenuti, stava chiedendo agli studenti i loro nomi e la facoltà di appartenenza. Come se niente fosse, all’improvviso, si ritrova lui “dall’altra parte”, viene strattonato, la sua videocamera cade e fa in tempo a registrare le sue urla e il suo nome.
4 settembre – 4S
La strategia di contenimento minaccioso e militarizzato della protesta non è stata applicata alle manifestazioni, durate oltre 8 ore, del 4 settembre organizzate nella capitale e in 22 stati. Questa galleria fotografica (Link qui per lo slideshow e foto) della manifestazione della CNTE è del 4 settembre (4S): dalle 10 del mattino oltre 30.000 insegnanti hanno manifestato a Oaxaca e 40.000 in Chiapas mentre in 20.000 hanno camminato per 8 ore nelle strade della capitale messicana, dall’Auditorio Nacional al palazzo del Senato. Proprio questa ramo del parlamento il giorno prima aveva approvato la Riforma Educativa dopo che la camera l’aveva fatto la settimana prima.
La cosiddetta riforma educativa è in realtà una riforma del lavoro dei docenti e dell’amministrazione di stampo neoliberista ed è parte del piano di riforme strutturali (lavoro, fisco, energia, educazione, politica) che il governo di Peña intende portare a termine entro i prossimi quattro mesi. Il grande scoglio, cioè queste proteste dei “maestri dissidenti”, gli unici per ora che abbiano saputo articolare un’opposizione vera, è stato superato, per ora, grazie a un falso dialogo depistante con i maestri e a una serie di votazioni notturne e blindate alle camere. Infatti, i tre principali partiti (PRI, PAN, PRD) stanno approvando riforme legislative e costituzionali in fretta e furia, nell’ambito delle larghe intese alla messicana, cioè dall’accordo di governo chiamato “Patto per il Messico” e sottoscritto dai loro leader all’inizio del governo di Peña 9 mesi fa. La CNTE ha fornito la cifra di 700.000 insegnanti mobilitati per il 4S a livello nazionale.
Quali sono gli elementi controversi della riforma da poco approvata dalle camere?
Ormai esaurite le discussioni e approvazioni in parlamento, la CNTE ha chiesto al presidente di bloccarla con un veto perché:
Si applica retroattivamente contro chi già lavora nel settore educativo pubblico prescolastico, primario e secondario, in contrasto con l’articolo 14 della Costituzione, e colpisce tutti i lavoratori dell’insegnamento a livello federale, statale e comunale derogando i diritti acquisiti. Infatti, le autorità educative possono annullare i diritti dei lavoratori senza necessità di un intervento giudiziario e con la riforma il “lavoratore” diventa “soggetto amministrativo”, in contrasto con l’articolo 123 costituzionale.
Quattro questioni importantissime come il reddito/salario, la promozione, il riconoscimento e la permanenza nel posto di lavoro sono ora condizioni amministrative e smettono di essere considerati diritti lavorativi.
Si dà piena facoltà al Ministro della Pubblica Istruzione federale e al ministero (SEP), quindi anche al presidente della repubblica, di scavalcare la sovranità dei singoli stati per autorizzare i principi riguardanti i quattro punti precedenti e ordinare ai governatori locali di seguirli. Il ministero potrà imporre linee generali per la prestazione del servizio di assistenza tecnica alla scuola a livello di istruzione primaria.
Viene creato l’Istituto Nazionale per la Valutazione dell’Educazione (INEE) che potrà imporre e autorizzare, anche sorpassando l’autorità degli stati, i lineamenti ad ogni tipo di autorità educativa e organi decentralizzati per la valutazione riguardante le 4 questioni citate. La SEP e l’INEE potranno interpretare unilateralmente la legge per effetti amministrativi e l’INEE imporrà i processi di valutazione.
Non si contempla la partecipazione sindacale ai processi di osservazione delle valutazioni e si annulla l’intervento di qualunque associazione dei docenti. Le 4 tematiche di cui sopra (salario, promozione, riconoscimento e permanenza nel posto di lavoro) non saranno oggetto delle “Condizioni Generali del Lavoro” e il Lavoro Docente sarà sostituito dal Servizio Professionale Docente che implica la rappresentazione dell’insegnante come soggetto amministrativo isolato di fronte allo stato.
I tribunali del lavoro sono sostituiti da tribunali amministrativi in caso di conflitto nei punti specificati. Scompare il posto fisso e si crea la figura dei contratti “a tempo fisso” di natura temporanea e quella dei contratti “provvisori” per coprire un vuoto, cioè un posto non occupato per meno di sei mesi. I contratti a tempo fisso e le vecchie “plazas”, i posti fissi a tempo indeterminato, saranno subordinati alle condizioni di questa legge e saranno assegnati solo dopo 6 mesi di servizio senza nessuna “nota negativa”.
Il cosiddetto “processo di compattazione” prevede contratti ad ore e così permette di frazionare il pagamento del salario ai maestri. Scompare il diritto di inamovibilità dal posto di lavoro. Chi decide di accettare un impiego o un incarico (anche nel sindacato) che gli impedisca di svolgere la sua funzione docente, o quella di supervisione o direzione, dovrà “allontanarsi dal servizio” senza ricevere il salario.
S’instaura un procedimento autoritario che permette il licenziamento o allontanamento immediato dalle funzioni docenti (con riassegnazione ad altre funzioni) senza che vi sia la garanzia di ascolto e contraddittorio prevista dalla legge sul lavoro. Inoltre si stabilisce come causa di licenziamento senza alcuna responsabilità da parte delle autorità il rifiuto di partecipare ai processi di valutazione, senza considerare il livello accademico e di esperienza/anzianità.
Stessa modalità anche nel caso in cui il docente non partecipi ai programmi di regolarizzazione docente o non ottenga un risultato soddisfacente nel primo o nel secondo processo di valutazione e non s’incorpori al processo di regolarizzazione. Se, nonostante la partecipazione ai programmi formativi, il maestro non supera il terzo processo di valutazione, viene escluso dalla docenza e riassegnato ad altre mansioni. Queste decisioni si considerano unilaterali.
Si cancella il diritto al reinserimento nel posto di lavoro o di indennizzo, tramite il pagamento degli stipendi sospesi, in caso di licenziamento ingiustificato Si stabiliscono 8 causali ulteriori per la cancellazione degli effetti della nomina senza responsabilità alcuna dell’autorità e senza previa risoluzione del Tribunale Federale di Conciliazione e Arbitrato.
Infine è permessa la separazione dall’incarico quando il docente si assenta, senza una causa giustificata, per più di tre giorni consecutivi o tre non consecutivi in un periodi di 30 giorni: la separazione dal posto di lavoro è una decisione unilaterale e l’autorità che la applica è la stessa che decide circa la sua eventuale revisione, quindi è giudice e parte in causa. Dopo settimane di proteste il senato ha inserito una clausola all’ultimo momento, un semplice “contentino” per i maestri, che dice che il personale allontanato dal suo incarico per l’applicazione di questa legge potrà impugnare la decisione presso gli organi giurisdizionali competenti. Il quadro generale di precarietà del lavoro, però, non cambia.
La CNTE sostiene che l’entrata, la promozione e la permanenza dei docenti devono legarsi al diritto del lavoro e ai diritti sociali “senza banalizzare il processo etico e della pratica educativa” e in un manifesto d’opposizione alla riforma specifica alcuni punti fermi: la distinzione tra la CNTE e il sindacato SNTE di cui questa è parte ma come “corrente critica”, la difesa dell’istruzione pubblica e la sua trasformazione tramite una visione critica della realtà messicana, l’inutilità delle leggi in materia educativa per risolvere i veri problemi del paese come la disuguaglianza e la povertà, la costruzione di una controproposta è stata ignorata dalle autorità malgrado abbia visto la partecipazione di numerosi interlocutori, il riconoscimento dell’istruzione come un diritto sociale universale al di sopra di interessi privati, il rispetto dei diritti lavorativi, il compromesso con una formazione professionale docente iniziale e permanente che deve essere anche rispettato dal governo messicano, secondo le specificità di ogni regione del paese.
Sulla valutazione docente la CNTE ha proposto che 1) sia un processo formativo e qualitativo nelle sue tre modalità (autovalutazione, co-valutazione e valutazione dall’esterno, 2) rispetti la diversità culturale del Messico, basata su una pratica educativa integrale, che includa tutti gli attori educativi, 3) sia una valutazione intesa come mezzo e non come fine, che consideri le condizioni di vita dei bambini, dei giovani e degli adulti che formano l’universo degli studenti del paese, 4) che riconosca i bisogni di base della popolazione e 5) che migliori le condizioni dell’insegnamento e dell’apprendimento riconoscendo l’importanza dei loro contenuti universali.
Riguardo alla Legge Generale del Servizio Professionale Docente, la quale avrà effetto a partire dal 2015, la CNTE ribadisce il proprio impegno e compromesso con gli studenti e il popolo in generale per contribuire alla formazione di soggetti che sappiano reclamare per il rispetto alla propria forma di vita e sostiene che ha sempre rispettato le richieste e gli accordi pattuiti con il governo della repubblica attraverso il ministro degli interni. Infine, viene criticata la fretta con cui si vogliono legittimare leggi che non aiutano il miglioramento del processo educativo e lacerano il diritto sociale all’educazione. E di fatto camera e senato hanno approvato tutto (tre leggi secondarie) in un paio di settimane e hanno finto di negoziare con gli insegnanti che ora continuano ad occupare mezza città del Messico e minacciano di estendere la resistenza agli stati una volta che saranno tornati a casa.
Altro week end di fuoco
Sabato 7 è previsto il primo incontro nazionale degli insegnanti a Mexico City convocato dalla CNTE. Domenica 8 la CNTE, insieme ad altre organizzazioni sociali solidarie come gli studenti di YoSoy132 e Movimiento de los 400 pueblos di Veracruz, scenderanno in piazza per accompagnare l’evento dell’ex candidato presidenziale delle sinistre, Andrés Manuel López Obrador, e del suo Movimento di rigenerazione nazionale (MoReNa). Non è prevista un’adesione formale della Coordinadora all’evento, ma solo una libertà di scelta delle singole persone e un sostegno alla lotta più generale contro la riforma energetica. Non si sa ancora se l’occupazione dello zocalo di Città del Messico continuerà, ma è sicuro che la CNTE non abbandonerà la sua resistenza civile pacifica, dichiarata dopo l’approvazione della legge al senato il 4 settembre, che potrebbe trasferirsi nei diversi stati della federazione ed essere condotta a livello locale: disobbedienza civile, negoziazione di alcune condizioni stato per stato, proteste locali, riapertura del dibattito sulle leggi approvate, conquista progressiva della maggioranza all’interno del sindacato nazionale, aumenti salariali e scioperi sono alcune possibilità.
La CNTE ha comunque chiesto a Peña Nieto di porre un veto presidenziale sulle leggi e di ridiscutere, nell’ambito di un gran dibattito nazionale, l’intero sistema educativo. Ciononostante è poco probabile che il presidente segua il suggerimento dei maestri su una riforma che lui stesso ha proposto al parlamento…
Sono a rischio anche le famose “Feste patrie” per la celebrazione dell’indipendenza del 15-16 settembre che si svolgono nelle piazze centrali, presso la sede del potere politico nazionale o locale, in cui il sindaco della città o il presidente tengono un discorso e gridano il patriotico “¡Viva México!” per ricordare il grido lanciato dal prete Miguel Hidalgo che diede inizio al processo d’indipendenza dalla Spagna nel 1810. Quindi forse quest’anno il “grido” non sarà solo quello del capo di stato o dei governatori, ma risuonerà pure quello degli esclusi, quello del lavoro degno, quello della resistenza pacifica che sfida chi ormai non grida più e s’accontenta delle promesse.